Viaggio avventura in Algeria, nel deserto del Tadrart Acacus

Un’opportunità incredibile per conoscere l’area più pittoresca del deserto del Sahara, un viaggio che a bordo di un fuoristrada 4×4 ci permette di esplorare la meravigliosa zona nordafricana. 
L’Algeria possiede uno dei tratti maggiori, ricchi e interessanti del grande deserto del Sahara. Questa spettacolare area desertica, nella sua enorme varietà, presenta tutte le forme morfologiche possibili ed immaginabili. L’estrema zona di sud-est sotto la cittadina-oasi tuareg di Djanet, ad esempio, nota con il nome di Tadrart Acacus, si presenta come una delle più spettacolari dal punto di vista paesaggistico: selve di guglie, pinnacoli e funghi, castelli turriti che emergono dalla sabbia, imponenti canyon che si insinuano in profondità nelle montagne, labirinti di rocce dalle forme fantasmagoriche e dalle continue variazioni cromatiche, enormi dune che cambiano colore a seconda della luce. 
I torrenti che scendevano numerosi e copiosi d’acqua, quando in un’altra epoca climatica il Sahara era verde, dalle montagne generavano una imponente rete idrica capace di alimentare fiumi e laghi, elementi ambientali che fecero del Tadrat una delle culle della civiltà umana, dai cacciatori tardo paleolitici fino ai pastori neolitici, come dimostrano innumerevoli paleo-suoli ed una miriade di strumenti litici, nonché la strabiliante arte parietale rupestre preistorica. Purtroppo le variazioni climatiche e la desertificazione hanno distrutto questa rete di paleo fiumi, che tramite il Tefassaset nel Quaternario alimentava il lago Ciad, lasciando soltanto un intrico di aridi uadi punteggiati al massimo da qualche acacia. E con le acque se ne sono andati altrove anche vegetazione, fauna allevata e selvatica e comunità umane.

Il tour nel deserto algerino
Un possibile itinerario parte dalla oasi di Djanet, una delle poche città stanziali dei tuareg,  nel passato importante nodo carovaniero e sede di un forte coloniale della Legione Straniera, per puntare a sud-est verso i confini di Libia e Niger, attraversando una fitta rete di uadi con terrazzi paleo fluviali, cespugli di tamerici, arte rupestre, dromedari al pascolo e tracce di mufloni e piccole gazzelle. Ad Essadelaghe pitture di rane sulle pareti di una grotta ci attestano ben altre condizioni climatiche. Tra dune si arriva a Tibenkar, ricco di siti rupestri e paleo-suoli con reperti di comunità agropastorali, dove lo sguardo spazia fino al Messak Mellet libico ed all’erg di Murzuq. Tiknewen, le sorelle, offre due curiosi rilievi assolutamente identici che spuntano solitari dalle sabbie, mentre Mulenaga presenta grandi anfiteatri di sabbia e incredibili paesaggi rocciosi in dissoluzione con torrioni, castelli e cattedrali di pietra e Alidemma una distesa di svettanti faraglioni. Famose sono le inconsuete dune rosse di Tin Merzuga, dove va a smorzarsi l’altrettanto celebre oued In Djeran, un profondo canyon scavato dalle alluvioni quaternarie fino ad una suggestiva guelta finale. Le lisce pareti precipiti, le grotte ed i ripari sotto roccia offrono una straordinaria rassegna di arte rupestre, con pitture ed incisioni che ritraggono animali selvatici, mandrie di buoi, simboli arcani e scene erotiche e di vita pastorale disegnati con tratti essenziali ma decisi, incredibilmente espressivi e moderni. Qui si trova anche la famosa “giraffa accucciata”, una pittura di straordinaria eleganza assunta come capolavoro e simbolo dell’arte sahariana.
Puntando a nord verso il Tassili si incontrano altri siti rupestri, si attraversa un uadi ricco di cespugli di piante profumate e si raggiunge infine la piana di Terarat, zona di isolati pinnacoli di roccia, uno dei quali presenta una delle più espressive incisioni rupestri del neolitico sahariano: la “vacca che piange”, un bassorilievo finemente inciso di bovini che vorrebbero abbeverarsi ad una pozza ormai secca, eloquente testimonianza della tragedia climatica che 5.000 anni fa ha investito il Sahara, trasformandolo da una rigogliosa oasi di vita ad un deserto arido ed infuocato.

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