Le opere d’arte sono opere d’arte se comprendono un aspetto fondamentale: l’anima. Il Giardino Jacquard di Schio, provincia di Vicenza, è un luogo che ha tanta anima dentro e dunque è un’opera d’arte senza dubbio. Basti solo pensare che nacque allo scopo di regalare momenti di relax agli operai del vicino lanificio Rossi e fu voluto proprio dal padrone dell’azienda stessa. Se un parco nasce per abbellire una zona urbana ha già un senso di utilità e bellezza in sé. Quando nasce per regalare bei momenti a persone affaticate dal lavoro ha ancor più valore.
Un giorno vi capiterà di visitarlo, e allora pensate a quanto è importante questo polmone verde, non soltanto a quanto è affascinante. Sarà più piacevole godersi la passeggiata e imparare i suoi angoli nascosti, o ammirare le sue aiuole fiorite, le sue zone di ombra fresca. Giardino Jacquard si trova in una cittadina operaia, in cui però gli abitanti non hanno voluto alienarsi e sono rimasti fedeli al bello.
Giardino Jacquard, un’oasi per star bene
Fino al 1858, nella vasta area dove oggi sorge il Giardino Jacquard esistevano solo spogli magazzini, capannoni e macchine industriali. Tutto apparteneva alla famiglia Rossi dell’omonimo lanificio, situato al di là della strada proprio di fronte all’area deposito. Qualcosa cambiò grazie alla mente illuminata dell’imprenditore Alessandro Rossi che immaginò la dura vita dei suoi operai. E pensò che – con un minimo di distrazione e di bellezza – forse avrebbero lavorato anche meglio!
Tra il 1859 e il 1879, quindi, Rossi condusse insieme all’architetto Antonio Caregaro Negrin la sistemazione e trasformazione dell’area deposito del lanificio. Crearono aiuole, sentieri, piantarono alberi, posizionarono fontane, prati e perfino un teatro! Una volta terminato aprirono i cancelli agli operai, invitandoli a venire a rilassarsi in quei luoghi, dopo il lavoro. Il giardino venne intitolato a Joseph-Marie Jacquard, inventore del telaio automatico che aveva fatto la fortuna del lanificio.
Cosa vedere nel Giardino Jacquard
Il parco, in perfetto stile tardo-romantico italiano, copre una superficie di 5000 metri quadri ed è in gran parte pianeggiante, salvo salire ad un tratto su per la collina verso la chiesina di San Rocco. Questa chiesa preesistente venne lasciata fuori dalle mura di cinta ma di fatto è un monumento che appartiene allo stesso giardino. Si raggiunge grazie ad un’artistica scalinata di pietra.
Lungo il viale d’ingresso si snoda l’area detta “Tettoia degli Operai” e diversi settori in cui crescono esemplari botanici di varia provenienza. I sentieri corrono tra siepi, alberi, busti marmorei e costruzioni particolari. Al centro sorge l’artistica serra a esedra, con ampie vetrate e una torretta a pagoda.
Dalla serra in poi, il terreno comincia a salire verso la cima della collina. Le stradine sono in salita e sono abbellite da grotte artificiali, fontane, terrazzamenti fioriti, belvedere. Sulla cima della collina sorge San Rocco, chiesetta cinquecentesca in rovina che venne recuperata dall’architetto del Giardino Jacquard: fu sua l’idea di aggiungere il campanile ottagonale alla struttura. Sul lato destro del giardino, invece, l’ex magazzino fu tramutato in un interessante teatro.
Teatro Jacquard
Creato nel 1869, doveva servire da “area dopolavoro” insieme alla biblioteca, alle aule della scuola serale e alle sale gioco. La facciata in stile lombardesco è abbellita da dodici tondi in terracotta che rappresentano altrettanti personaggi importanti della città di Schio.
Il teatro si sviluppa al primo piano dell’edificio, dato che il piano terra era riservato alle varie attività di svago degli operai, e ha una platea e una loggetta per un totale di ottocento posti. Fu utilizzato per quasi un secolo, prima di cadere in disuso e oggi si tenta di recuperarlo con una manutenzione e ulteriore trasformazione del giardino.
La flora e la trasformazione recente
Le piante che da sempre hanno adornato il Giardino Jacquard sono meravigliosi alberi ombrosi e siepi anche esotiche, oltre a piante adatte ai terrazzamenti. Tra le tante: Magnolia Soulangeana, Sequoia Sempervirens, Sequoiadendron Giganteum, ma anche Cupressus Lambertiana, Taxus Baccata, Magnolia Grandiflora, Celtis Australis.
Dal 2015 sono in corso diversi lavori di risistemazione dell’intero parco, molte piante sono state sostituite e altre nuove si sono aggiunte all’insieme. Il volto dell’intero giardino – che è da poco entrato a far parte del circuito turistico dei Grandi Giardini Italiani – cambierà radicalmente pur mantenendosi fedele al desiderio iniziale della famiglia Rossi. Ovvero un luogo per tutti in cui ritrovare la pace interiore.
Altre informazioni utili
Il Giardino Jacquard si trova a Schio, cittadina veneta dalla forte impronta operaia che anche nei percorsi turistici mostra questo suo vanto. Qui potrete ammirare: i vecchi lanifici, le filande in disuso, la “più antica centrale idroelettrica del Veneto”. Ci sono anche bellissime chiese, molte del Cinquecento e Seicento, il Duomo in stile neoclassico, le ville signorili dei dintorni. Non lontano sorge il Castello: si tratta in realtà dell’unica torre merlata reduce della antica costruzione medievale, oggi divenuta campanile della chiesa di Santa Maria della Neve.
Nei dintorni di Schio: potete scegliere tra decine di itinerari, perché sono molto vicini a Schio le città di Vicenza, Padova, Bassano del Grappa, Castelfranco. Venezia dista appena un’ora e mezza di macchina.
Come arrivare: l’aeroporto di Venezia è lo scalo più vicino. Da lì si arriva tramite le autostrade A57 e A4 che si immettono nella A31. Per chi arriva da altre parti del Veneto, l’autostrada è direttamente la A31 con uscita Schio-Thiene.
Orari e biglietti Giardino Jacquard: il giardino non è sempre visitabile, si può entrare solo in alcuni periodi. Quasi sempre aperto da inizio maggio a metà settembre, ogni sabato e domenica, ore 16-19. Si possono seguire visite guidate solo dopo le 17. Non occorre prenotazione normalmente, ma per maggior sicurezza meglio contattare il Comune di Schio alla email: info@visitschio.it o chiamando i numeri +39 0445 691285 – +39 0445 691301.
Per alcune delle foto in articolo si ringrazia Archivio Grandi Giardini Italiani.