L’Italia è un Paese multiculturale? Sì, e da tempo ormai. Siamo il risultato del mescolamento continuo di razze e culture diverse e grazie a questo siamo ricchi di particolarità artistiche e storiche che ci rendono unici. Le comunità albanesi, ad esempio, sono un tesoro prezioso che conservano ancora oggi, con orgoglio, lingua e usanze della antica patria.
La grande migrazione del 1991 è stata solo l’ultima di tante – circa nove – che nel corso della storia del Mediterraneo si sono succedute verso l’Italia. In particolare gli Arbëreshë, ovvero le popolazioni del sud dell’Albania che formano la Arbëria (la “grande nazione sparsa”), hanno colonizzato nel tempo il nostro meridione, Sicilia inclusa, ma anche alcune aree dell’Emilia-Romagna.
Le Comunità Arbëreshë, frutto di migrazioni secolari
Gli albanesi che abitavano le zone più povere del Paese, sono sempre dovuti fuggire nel corso dei secoli a causa di carestie, invasioni, guerre e dittature. La prima grande ondata migratoria verso l’Italia risale al 1478 subito dopo la grave sconfitta contro il regno Ottomano che sottomise l’Albania del principe Gjergj Kastrioti. Migliaia di profughi, allora, trovarono riparo in Grecia e in Italia, specialmente in Sicilia, Puglia e Calabria.
Ulteriori migrazioni si ebbero tra il 1600 e il 1970, quindi una lunga pausa e poi la diaspora della fine del XX secolo. Questo mescolamento ha prodotto, oggi, più di 50 comuni del Centro-Sud Italia e della Sicilia che parlano ancora albanese, hanno costumi albanesi e cerimonie religiose di rito ortodosso greco o albanese. Il tutto pur sentendosi comunque molto italiani. Noi vogliamo farvene conoscere soltanto dieci, in un itinerario che vi stupirà.
Da Villa Badessa in Abruzzo a Casalvecchio di Puglia
Villa Badessa (Badesh, in albanese) è una frazione del comune abruzzese di Rosciano. Oggi conta meno di 400 abitanti discendenti dei profughi giunti in Puglia nel XVIII secolo e risaliti fin quassù in cerca di aiuto e lavoro. Conserva bellissime icone bizantine tra cui quella preziosa di San Spiridione.
Scendendo verso sud, in Molise, trovate quattro comunità arbëreshë in provincia di Campobasso. Noi vogliamo farvi conoscere Portocannone (Portkanuni) e Ururi (Ruri). Il primo nacque per ripopolare la zona colpita da un forte sisma che aveva decimato la popolazione e oggi conta 2000 abitanti; da vedere qui la Porta Urbica, decorata da affreschi a tema arbëreshë e il Palazzo Baronale.
Ururi nasce intorno a un antico monastero sulle cui proprietà trovarono riparo i profughi albanesi del XVIII secolo. La chiesa di Santa Maria delle Grazie, barocca esternamente, conserva dentro la bellezza e la sacralità di un tempio ortodosso.
Siete già in Campania, in provincia di Avellino, quando incontrate il paese di Greci (Katùndi): oltre alla chiesa di San Bartolomeo e ai palazzotti signorili qui sono un vero spettacolo i riti e le cerimonie quotidiane – matrimoni, cresime, battesimi ma anche funerali – secondo antichi riti albanesi.
Entrando nella Puglia foggiana, invece, vi invitiamo a soffermarvi su Casalvecchio di Puglia (Kazallveqi): fondata nel XV secolo dai profughi della prima ondata, oggi conta 1863 abitanti; monumento principale, la chiesa di rito bizantino dei Santi Pietro e Paolo.
Da San Costantino Albanese ai comuni arbëreshë di Sicilia
Tra le cinque deliziose comunità albanesi presenti in Basilicata, segnaliamo in particolare San Costantino Albanese – o Shen Kostandini, per i locali – con la sua chiesina bianca che spicca come un santuario greco sulla vallata. I profughi giunsero qui nel 1534 e la loro cultura è ancora presente delle icone bizantine custodite nella chiesa di San Costantino e nel santuario della Madonna della Stella.
In provincia di Catanzaro, nel comune di Maida, trovate invece la frazione di Vena di Maida (Vini). La Calabria è la regione che presenta più comunità albanesi in assoluto, difficile fare una scelta, ma Vena merita per via del suo Castello, della chiesa di Santa Maria Cattolica e per quella di San Nicola Latinis, entrambe di rito greco ortodosso e con preziose icone al loro interno.
Falconara Albanese (Fallkunara), vicino Cosenza, si presenta arroccata intorno ai ruderi del Castelluccio, terrazza monolitica ai piedi della quale sorge la chiesa dell’Assunta; altri monumenti di interesse sono la via De Rada tutta scavata nel tufo e la Skhalla, artistica scalinata panoramica.
Per parlarvi degli arbëreshë di Crotone abbiamo scelto San Nicola dell’Alto (Shen Koll). Fondata nel 1480 è una delle comunità albanesi più antiche d’Italia, e il suo centro storico quasi intatto dal Medioevo è il suo monumento più bello. Da vedere: la chiesa di San Nicola, la grande Scultura della Invocazione per la Pace e -se vi trovate in zona nella prima settimana di maggio- non mancate alla suggestiva festa in onore di San Michele.
In Sicilia, il comune di Piana degli Albanesi (Hora e Arbëreshëvet ) è il punto di riferimento di una intera zona costellata da paesi di cultura albanese, tra cui anche Contessa Entellina, Santa Cristina Gela, San Giuseppe Jato… . Sede religiosa di Eparchia, è di fatto famosa per le sue bellissime chiese: San Giorgio, Madonna Odigitria, la spettacolare cattedrale di San Demetrio Megalomartire, San Vito, San Nicola di Myra, il Monastero del Salvatore e anche la proprietà della chiesa palermitana detta “della Martorana”. Decine di chiese rurali, fontane monumentali e altri due monasteri completano la bellezza di questa cittadina, che si specchia nel suo omonimo lago.
Un suggerimento
Se potete, visitate le comunità di cultura arbëreshë nel periodo della Settimana Santa o nel giorno di Pasqua. La particolarità e la bellezza dei riti ortodossi, la spettacolarità dei costumi e delle usanze vi lascerà senza parole.