Castelfranco Veneto deve il proprio nome al castello ‘franco’ (esente) da imposte per i suoi primi abitanti-difensori. Il possente quadrato di mattoni rossi è stato eretto sopra un preesistente terrapieno, tra la fine del XII e primi decenni del XIII secolo, dal Comune medievale di Treviso, a presidio del turbolento confine verso le terre padovane e vicentine. Città murata per sua stessa definizione, conserva quasi integralmente la cinta muraria alta circa 17 metri, lunga circa 230 per lato, le torri che si innalzano ai quattro angoli e nei due punti mediani. Il governo di Ezzelino III da Romano nella metà del ’200, la dominazione veneziana, il breve periodo carrarese – di cui rimane lo stemma con il carro a quattro ruote ancora visibile sotto la volta della torre civica – la guerra di Cambrai: tutte queste vicende storiche hanno lasciato il loro segno indelebile e oggi il castello, sfuggito alla demolizione nell’Ottocento, è diventato il simbolo della città. Città di commerci fin dall’origine, Castelfranco lega indissolubilmente la sua storia alla strategica posizione nel Veneto centrale, tappa obbligata tra Venezia, la Germania e le Fiandre, tra l’Europa occidentale e le pianure dell’Est. Patria di uomini di scienza (Jacopo, Giordano e Vincenzo Riccati), di architetti (Francesco Maria Preti) e musicisti (Agostino Steffani), Castelfranco Veneto è universalmente nota per aver dato i natali a una delle figure più straordinarie ed enigmatiche della storia della pittura: il famoso pittore rinascimentale Giorgione.
Giorgione, artista e mito
Giorgio da Castelfranco, ovvero Giorgione, uno dei più grandi pittori del Rinascimento, nasce a Castelfranco tra il 1477 e il 1478. La sua figura è una delle più enigmatiche della storia della pittura: non ha firmato alcuna opera e la ricostruzione del suo catalogo, nonché la determinazione dei significati iconografici di molte sue opere, sono oggetto di numerose controversie e dibattiti tra gli studiosi. Giorgione si trasferisce a Venezia nel 1503-1504, dopo aver lasciato a Castelfranco due gemme preziose tra le poche riconosciute al pittore: l’ermetico Fregio di Casa Marta, ora Museo Casa Giorgione, e la celeberrima Pala, conservata in Duomo. Nella città lagunare si appoggia alla bottega di Vincenzo Catena, dal quale apprende la tecnica di Giovanni Bellini, mentre attraverso un gruppo di pittori lombardi presenti in laguna, conosce l’insegnamento di Leonardo da Vinci. E’ attivo nella scena pittorica veneziana per poco più di dieci anni, segnando un’apparizione repentina ma sfolgorante, che nella storiografia artistica ha poi assunto proporzioni leggendarie. La sua attività ha segnato un cambiamento epocale nella pittura veneta, imprimendo una decisiva svolta verso la “Maniera Moderna”.
Il centro storico, dentro e fuori le Mura
Accanto e direttamente collegato al Museo Casa Giorgione, il Duomo di S. Maria Assunta e S. Liberale, progettato da Francesco Maria Preti nel 1723, custodisce la celeberrima Pala di Castelfranco. L’edificio, che riassume le teorie rivoluzionarie dell’architetto, in primis la media armonica proporzionale, è ricco di opere d’arte, tra cui la Discesa di Cristo al Limbo di Giovanni Battista Ponchini e il Martirio di San Sebastiano di Palma il Giovane. Nella Sacrestia si possono ammirare 7 frammenti degli affreschi che il Veronese aveva realizzato per villa Soranza di Treville, demolita ad inizio ‘800, ovvero la Temperanza, la Giustizia, il Tempo e la Fama dipinte sul soffitto, e alcuni ovali con putti alati. Inoltre, tra le opere più significative la Cena in Emmaus e la Consacrazione Vescovile di S. Nicolò di Paolo Piazza, la Presentazione al Tempio di Palma il Giovane e un San Rocco ai piedi della Vergine con Bambino attribuito a Jacopo da Ponte detto il Bassano.
Passeggiando tra i vicoli e le piazzette dentro le mura, eleganti palazzi e antiche dimore testimoniano un passato ricco di storia. Tra i siti di maggior interesse il Teatro Accademico, anche questo progettato nel 1746 da F. M. Preti, il Palazzo del Monte di Pietà, oggi sede della Biblioteca Comunale, il Conservatorio A. Steffani e Casa Costanzo, abitata da Tuzio Costanzo, committente della Pala di Giorgione, venuto da Cipro a Castelfranco nel 1475.
Fuori le mura si apre la scenografica Piazza Giorgione, già Piazza del Mercato, con il Paveion o Loggia dei grani (1603) vecchia sede di attività di contrattazione mercantile, e la schiera di eleganti palazzi affrescati che si susseguono elegantemente lungo tutto il Corso XXIX Aprile.
Al XVIII secolo risalgono la Chiesa e il Convento di San Giacomo e il Palazzetto Preti, unica parte costruita dell’incompiuto Ospedale progettato dall’architetto castellano ed oggi sede di mostre ed eventi. Nel Borgo di Treviso sorge l’imponente Villa Revedin-Bolasco eretta in stile neo-rinascimentale tra il 1852 e il 1865 su progetto dell’architetto Giambattista Meduna, circondato da uno dei giardini romantici, o all’inglese, più importanti del Veneto.
Ma Castelfranco Veneto è anche nota per la sua gastronomia. I visitatori possono assaporare prelibatezze locali e i vini del territorio, mentre esplorano le deliziose trattorie e i ristoranti tradizionali del centro storico. La città ospita anche una vivace vita culturale, con eventi e manifestazioni che animano le strade durante tutto l’anno, tra cui festival musicali, mostre d’arte e spettacoli teatrali. In sintesi, Castelfranco Veneto è un luogo affascinante che unisce storia, cultura, gastronomia e bellezze paesaggistiche, offrendo ai visitatori un’esperienza autentica e senza dubbio indimenticabile.
Il Castello
A pianta quadrilatera (circa 230metri di lato) fu eretto a partire dalla fine del sec.XII e completato nei decenni successivi. Delle originarie otto torri, restano le quattro d’angolo, la torre dei morti, edificata nel 1246, a metà della cortina di meridione, e l’imponente torre civica. Al castello si accedeva attraverso due porte (“di Treviso”, a est, e “di Cittadella”, a ovest), provviste di saracinesche e ponti levatoi (sostituiti nel XVI secolo da ponti in muratura), e da due “posterle” (accessi pedonali), uno a sud, l’altro a nord. Le mura, alte circa 17m e spesse circa 1.70m, sono prive di fondazione e realizzate con la tecnica della muratura a sacco (ciottoli di fiume, frammenti di mattoni e calce spenta al momento dell’impasto). Il castello fu particolarmente munito sul versante orientale, a metà del quale si innalzò la torre civica che Ezzelino III da Romano rafforzò nel 1246 mediante il girone: un castello nel castello, formato da due corti distinte e cinto da fossato. All’esterno, la sequenza di ostacoli si infittiva: la fratta (siepe di spine e rovi) tra le mura e il fossato (ampio, in origine,tra 21 e 25m);l a Bastia (le attuali vie S.Giacomo e Bastia Vecchia); un terrapieno; la cerchia (fascia di terreno scoperto); un secondo fossato, detto della cerchia.
Le Mura di Castelfranco e la Torre
La città di Castelfranco Veneto viene fondata durante gli ultimi anni del XII secolo dal Comune di Treviso come baluardo difensivo posto sulla sponda orientale del torrente Muson, confine naturale della Marca Trevigiana con le inquiete terre padovane e vicentine. Inizialmente, sfruttando un terrapieno preesistente di epoca preromana, furono costruite le quattro torri angolari collegate dalla cinta muraria; in un secondo momento fu costruita la torre principale (poi sopraelevata fino ad un’altezza di 43 metri) a protezione della “porta Trevisana” o “porta Franca” collocata ad est verso la città fondatrice. Questa torre, in seguito chiamata Torre dell’Orologio per la collocazione in facciata di un orologio voluto dal Podestà Pietro Gradenigo nel 1499, rappresenta, con la cinta muraria, il simbolo della città da ben otto secoli. Salendo i 149 scalini della torre si può compiere un viaggio a ritroso nel tempo, scoprendo i sistemi difensivi di un castello medievale, e godere dall’alto della splendida vista sul centro storico della città.
Dall’alto della Torre infatti è possibile cogliere la collocazione strategica di Castelfranco nell’alta pianura veneta, all’incrocio di vie di comunicazione fondamentali risalenti all’età romana (la via Postumia e la Via Aurelia) nonché l’organizzazione interna del castello, diviso in quattro settori. La torre civica è stata aperta al pubblico l’8 dicembre 2012 dopo un significativo intervento di restauro.
Villa Barbarella Avogadro degli Azzoni
Villa Barbarella Avogadro degli Azzoni è sede del Conservatorio Agostino Steffani e casa natia di Giorgione, Il complesso sorge su una piccola altura a prato a ridosso delle mura nord occidentali. È composto dalla villa, alla quale si accede attraverso una scala in pietra, da un corpo di collegamento e da un edificio elevato su tre piani.
Sede del Conservatorio Agostino Steffani, istituzione di grande rilievo è un edificio con una lunga storia alle spalle che inizia a partire dal XVI secolo, pur se l’aspetto attuale deriva da successive modifiche avvenute tra ‘700 e ‘800.
Casa Costanzo
A pochi passi, in vicolo del Paradiso, si incontra Casa Costanzo, l’antica dimora che Tuzio Costanzo (che aveva commissionato al Giorgione la splendida Pala di Maria in trono tra i santi Giorgio e Francesco) abitava all’interno del castello dal 1494. Dell’antico edificio rimangono l’elegante trifora gotica ad arco ogivale polilobato della facciata e lo stemma in pietra dei Costanzo con le iniziali di Tuzio. All’interno risultano interessanti gli affreschi del salone del piano nobile dove, accanto alle imprese dei Costanzo e dei Verni di Maiorca, lo spazio è affrescato da fasce parietali che lo percorrono nella sua interezza. Si tratta di due diversi motivi ornamentali: quello dipinto su fondo rosso scuro, dove tra fogliami e volute si contrappongono due figure femminili nude, e la fascia su fondo giallo oro, dove si evidenziano cavalli marini alati, leoni e tritoni tra i fogliami.
Il Duomo di S. Maria Assunta e S. Liberale e la sua sacrestia
Il cantiere del Duomo, che andava a sostituire l’antica chiesa di San Liberale, del XIII secolo, iniziò nella prima metà del ‘700. L’ispirazione era quella del Redentore di Palladio anche se poi la facciata venne completata sul finire dell’800. Il Duomo di Castelfranco ospita al suo interno la famosa “Pala” di Giorgione, uno dei più conosciuti dipinti del Rinascimento veneziano. Altre opere di grande rilievo si possono ammirare entro la “Quadreria” dove, accanto a Paolo Piazza, Palma il Giovane e Pietro Damini, si trovano alcuni importanti frammenti del ciclo decorativo di Paolo Veronese, salvati dalla demolizione della vicina Villa Soranzo. La Sacrestia conserva alcune pregevoli opere del concittadino Pietro Damini tra le quali si segnala, in particolare, la sequenza che va dalle Nozze di Cana all’Ultima Cena, la Cena in casa di Simone e la Cena da Emmaus.
La Pala di Castelfranco
All’interno del Duomo, l’enigmatica ed affascinante figura di Giorgione (1478ca –1510) si materializza nella straordinaria invenzione poetica e compositiva della Pala, commissionata da Tuzio Costanzo, uomo d’armi, per la cappella di famiglia, in occasione della morte del figlio Matteo. Il dipinto –una delle poche opere certe del pittore, databile tra il 1503 e il 1504- raffigura, sullo sfondo di un paesaggio, la Madonna in trono con il Bambino, S. Francesco e S. Nicasio, che impugna l’insegna dei cavalieri di Malta. Nella pala di Castelfranco (Madonna col Bambino tra San Francesco e San Nicasio), Giorgione introduce elementi fortemente innovativi nella pittura veneta rinascimentale grazie all’utilizzo della “pittura tonale”, una tecnica sapiente fatta di velature sovrapposte di strati colorati, che creano un effetto di morbido chiaroscuro, e alla novità iconografica del trono altissimo immerso nella luce soffusa di un paesaggio di campagne e colline. Oggi, la sobria cappella della Pala è meta di visitatori provenienti da tutto il mondo e il capolavoro di Giorgione non cessa catturare lo spettatore in un forte coinvolgimento emotivo, suscitato dalla serenità del paesaggio, dal commosso silenzio dei personaggi e dalla muta compostezza dell’effigie marmorea del giovane Matteo Costanzo.
Lo Studiolo di Vicolo dei Vetri
Imboccata la strada fra il Teatro Accademico e il Palazzo Comunale, al n° 8 di vicolo dei Vetri, si trova il cosiddetto Studiolo, un piccolo scrigno di tesori avvolto da misteri e magia.
Residuo d’una casa quattrocentesca, forse luogo di incontri di un’accademia culturale, è decorato da un fregio nel quale si alternano, su fondo rosso vivo, tralci, girali e bacche in grigio, uccelli in atto di beccare, putti alati ad occhi chiusi, tondi monocromi con scene allegoriche e sette stemmi policromi di nobili famiglie cittadine e veneziane, tra cui i Costanzo, i Marta, i Gradenigo, i Dotto e i Moro. Una figura enigmatica di vecchia donna cieca e sordomuta, forse allegoria dell’Ignoranza, campeggia sopra la finta cappa del camino.
Il Teatro Accademico
Il Teatro progettato nel 1746 da Francesco Maria Preti, fu costruito tra il 1754 e il 1780, ad eccezione di facciata e atrio, aggiunti tra il 1853 e 1858, su disegni di G. Meduna e A. Barea, autori pure della ristrutturazione interna, funzionale alla messa in scena di opere liriche. Ceduto nel 1970 al Comune della Società del Teatro per la simbolica somma di 101.000 lire, fu restaurato tra il 1973 e il 1977.
L’originalità dell’edificio consiste nella sua duplice funzione di teatro diurno (per le riunioni degli accademici) e notturno (per rappresentazioni teatrali) e nella sua ottimale acustica raggiunta mediante l’applicazione della regola della media armonica proporzionale. Nel corso della ristrutturazione ottocentesca si eliminò l’originario zoccolo a bugnato rustico, si rettificò la linea sinusoidale delle tre file sovrapposte di palchi e si rifece il soffitto, affrescato dal pittore Sebastiano Santi con l’allegoria raffigurante L’immortalità assisa tra la Virtù e la Gloria che dispensa serti di alloro a letterati, scienziati ed artisti nativi di Castelfranco.
La Casa di Giorgione
Inaugurato, in questa sua attuale veste, nel 2009, in concomitanza con le celebrazioni per il V Centenario della morte di Giorgione, il Museo celebra l’artista nella sua città natale ed è allestito proprio nella casa dove il maestro dipinse l’enigmatico Fregio delle Arti Liberali e Meccaniche, a pochi metri dal Duomo cittadino che custodisce la splendida Pala di Castelfranco.
L’allestimento è stato pensato per condurre il visitatore a scoprire il mondo in cui Giorgione crebbe e affinò le sue arti non solo pittoriche, ma anche musicali, con interessi pure per altre discipline, quali l’esoterismo.
Villa Revedin-Bolasco
Fu costruita a metà del XIX secolo su progetto dell’architetto Gianbattista Meduna e per volontà del conte Revedin, podestà e primo sindaco di Castelfranco nel 1866. Notevoli, all’interno, sono il Salone da ballo, decorato dal pittore Giacomo Casa, e le eleganti Scuderie. Il Revedin volle, sul luogo del “Paradiso” Corner, un giardino romantico, o all’inglese, noto come parco Bolasco, che si caratterizza per scorci, colori e riflessi sempre diversi: alberi e specchi d’acqua, slarghi prativi e macchie di sottobosco, ponticelli e collinette artificiali, e poi architetture “disperse”, come la serra in stile ispano-moresco, la cavana, la torre. Infine, sullo sfondo verso nord, il capolavoro: l’arena-cavallerizza, maneggio prediletto del conte Revedin, coronata da decine di statue del secolo XVII (opera del bassanese Orazio Marinali e bottega) e introdotta da due statue equestri poste sopra alti basamenti.
Il Parco, che si estende su 7,63 ettari, conta un patrimonio arboreo di oltre 1.000 individui, appartenenti a 65 specie diverse: 35 esemplari circa hanno un’età d’impianto compresa fra i 75 e 125 anni, mentre 440 piante contano fra i 50 e i 70 anni. Nel 2018 il parco ha vinto il titolo di “Parco più bello d’Italia” del Network Nazionale di parchi e Giardini per la categoria Parchi Pubblici. Oggi Villa Bolasco è proprietà dell’Università degli Studi di Padova. Il complesso è stato infatti donato da Renata Mazza vedova Bolasco, ultima proprietaria, all’Università di Padova, che nel 2015 ha completato il restauro del giardino e di parte della Villa.
Villa Chiminelli a Sant’Andrea Oltre il Muson
Costruita nella seconda metà del 500, venne commissionata da Francesco Soranzo, nobile veneziano e parroco a Sant’Andrea oltre il Muson dal 1563 al 1595, che la elesse a sua dimora. Nel 1614 passò alla nobile famiglia Piacentini e nel 1852 alla famiglia Tiepolo, da cui è pervenuta agli attuali proprietari. Molti i riferimenti architettonici allo spirito palladiano, in un contesto generale dove si impone una “architettura dipinta” diffusa e suggestiva. Gli interni sono affrescati da Benedetto Caliari, fratello del più famoso Paolo, detto il Veronese. I numerosi strumenti musicali dell’epoca, raffigurati negli affreschi, la rendono tra le più importanti testimonianze di come, in queste residenze, fosse viva la presenza di letterati e musicisti. Villa Chiminelli si segnala anche per diversi altri simboli dell’amore dei proprietari per questa residenza, vissuta e abitata sino ad alcuni anni fa. Dalle cantine alle vicine dipendenze dove vi sono importanti collezioni di civiltà rurale e di archeologia industriale legata alla lavorazione delle pelli.
Casa Natale di San Pio X
La Casa Natale di San Pio X si trova a 8 km dal Centro di Castelfranco Veneto.
Giuseppe Sarto, passato alla storia come Papa Pio X, è figura di culto nelle Terre di Giorgione. Innumerevoli le testimonianze che raccontano da quando, giovane studente, veniva a Castelfranco dalla natia Riese. Nel Duomo di Castelfranco prese i voti per un percorso che poi lo portò alle soglie di San Pietro. Il legame con la terra patria lo si trova ovunque, a partire dal suo paese natale. Dalla Parrocchiale che conserva il fonte battesimale al Santuario delle Cendrole, cui il Papa fu sempre molto legato. Tuttavia, la sua casa natale, conservata integra nel tempo, con annesso un piccolo Museo che raccoglie le testimonianze della vita quotidiana di uomo diventato Papa e poi Santo, è una meta di pellegrinaggio che racconta come poche la storia di chi, al di là dei suoi percorsi di vita, non dimenticò mai le radici della propria famiglia, della propria terra e delle sue genti.
Il Memoriale Brion
La tomba Brion di Carlo Scarpa si trova a Altivole, a soli 12 km dal centro di Castelfranco Veneto.
E’ un complesso funebre monumentale progettato da Carlo Scarpa, uno dei più famosi architetti italiani del XX secolo. Di lui si ricordano in particolare interventi di recupero e restauro a Cà Foscari come al Museo Castelvecchio di Verona, sino alla vicina Gipsoteca del Canova. La Tomba Brion è meta di culto per il turismo di origine orientale, in quanto Carlo Scarpa compì importanti percorsi professionali proprio in Giappone, lasciando una memoria e un ricordo imperituri. La filosofia della costruzione è molto simbolica, basandosi sulla commistione tra spazi dove acqua e materia si alternano e incrociano con forti cariche simboliche, come ad esempio nel padiglione della meditazione di fronte al quale, nella peschiera fiorita di ninfee, si scopre il labirinto di pietra, simbolo orientale del sorgere della vita. Commissionata dalla famiglia Brion, negli anni ’70, questa opera ospita anche le spoglie di Carlo Scarpa, che qui giace in un angolo, quasi nascosto.
Enogastronomia
La gastronomia castellana mantiene ancora oggi i valori più autentici della cucina contadina del territorio, valorizzando e portando a livelli di raffinatezza prodotti tipici locali, tra i quali spicca il tipico “radicchio di Castelfranco”, soprannominato per la sua bellezza “il fiore che si mangia”. Il radicchio “variegato di Castelfranco” — questa è la sua denominazione ufficiale — si presenta come un cespo di foglie bianco crema con variegature in tinte che vanno dal viola chiaro al rosso vivo. Dal 1996, il radicchio variegato è stato riconosciuto come prodotto tutelato dal marchio “Indicazione Geografica Protetta”. Nei ristoranti tipici di Castelfranco “il fiore che si mangia” fa la sua comparsa nei mesi invernali e domina, da vero re, numerosi primi piatti, secondi piatti e dolci, fino alla grappa digestiva. Un altro prodotto tipico di Castelfranco è la fregolotta, dolce secco, composto da farina, mandorle, uova, zucchero, sale e crema di latte. E poi ci sono il mais bianco perla, la soppressa o i musetti, la lingua salmistrata, la salsiccia bianca da risotto, il liquore Prunola e tante altre leccornie da scoprire in uno dei rinomati ristoranti tipici o nelle osterie della città, dove si può gustare la cucina tipica del territorio, spesso rivisitata da eccellenti chef che accompagnano le delizie della Castellana ai migliori vini delle due DOC tevigiane: Montello-Colli Asolani e Valdobbiadene-Conegliano.