Gabriele Colangelo per il prossimo inverno parte da una ricerca che indaga il fenomeno naturale dell’erosione, che modifica l’aspetto del suolo e delle rocce.
Texture di tessuti, alterate come minerali, riproducono effetti di rilievi nodosi e scabri; mischie di lana si increspano all’improvviso in onde solide che dilatano i fili della trama, rilucendo di riflessi trilobati; il panno melange si doppia di lieve tela di cotone, assumendo un aspetto irregolare come la cavillatura della ceramica giapponese; il crepe doppio riproduce la sensazione visiva di selci; jacquard di seta-lino ricreano incrostazioni murali come intonaci corrosi dal tempo.
Tutto si trasforma, cambiando il punto d’origine e manifestando l’esito finale: la mutazione avviene sull’abito medesimo, come in un corso in divenire.
L’agugliatura amalgama le materie, mescola i fili delle fibre congiunte, confondendone i confini e fondendo le strutture; vortici di plissé diseguali investono all’improvviso le linee, in un ventaglio di pieghe quasi marmoree, modificando i profili delle forme.
Le fibre più leggere di organza e chiffon si legano, intrecciandosi tra loro a imitare effetti sinuosi di chiaroscuro delle pareti rocciose.
Trame leggerissime di filamenti setosi sono sovra tinte nei toni ombré di grigi e calce e impreziosite da microcristalli e beads che si fissano come sedimenti metallici.
Teli di chiffon ricamati, come embroderies recuperate ma consunte dal tempo, sono acidati in brandelli rilucenti di cristalli corrosi.
Le sfumature di grigi pirite e antracite virano a pallidi dorati e neutre tonalità renose, con rari accenni di verde rame, che compaiono su applicazioni di microstrisce di chiffon overlapped brillanti di pietre vitree bruciate, sparse come frammenti frantumati.
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