Quando il nostro corpo, ancora dolorante per la notte appena trascorsa, viene svegliato dall’incessante suono della sveglia nella prime ore mattutine, in quel momento sappiamo già che instaureremo una stretta relazione con l’unico che è capace di salvarci, con ciò che nella maggior parte dei casi consideriamo il nostro migliore amico. Un amico speciale, in grado di donarci l’energia sufficiente per affrontare una giornata piena di lavoro, di scarpe scomode, di borse pesanti e di persone noiose. No, non stiamo parlando del vicino di casa, del nostro cane e neanche certamente del nostro capo. Il nostro migliore amico è il caffè, quello che in alcuni momenti della giornata si rivela essere il Dio Caffè. Lo veneriamo quando, appena poggiato un piede sul pavimento, alzandoci dal letto, con un occhio mezzo chiuso e uno mezzo aperto, sbattiamo l’alluce contro l’angolo del comodino o addirittura inciampiamo nelle scarpe lasciate frettolosamente fuori posto, in disordine nel bel mezzo della stanza.
Ed è indubbio che la maggior parte degli italiani, se non tutti, sono una specie di caffeinomani, bramanti di caffeina come fossero vampiri in cerca di sangue non solo durante il giorno, ma anche durante la notte. Bere caffè in Italia è come bere acqua, e si sa che tutti i medici consigliano di bere almeno 2 litri di acqua al giorno.
Tuttavia, potremmo sorprenderci nello scoprire che non solo l’uomo è dipendente dalla caffeina. Una ricerca, condotta dal gruppo di Geraldine Wright, ha voluto investigare come funziona l’impollinazione e capirne i suoi più segreti meccanismi. Lo studio, svolto per l’Università di Newcastel ha spiegato che le api sono più attratte da alcuni tipi di fiori rispetto ad altri in quanto quei fiori rilasciano delle sostanze simili a delle vere e proprie droghe per gli insetti. Tra queste, in particolare, si distingue appunto la caffeina, una sostanza che diviene assuefacente per le api e che spingono quest’ultime ad una intensa attività.
Le piante producono una minima quantità di caffeina, tanto che la sostanza non risulta essere tossica e non può essere rilevata nei prodotti scaturiti da esse, per esempio il miele. Nonostante non sia possibile sapere come la caffeina influenzi il sistema nervoso delle api, la ricerca dismostra che la sostanza agisce sulle cellule Kenyon, cellule utili per la memoria e per l’apprendimento.
A seguito di questa sorprendente scoperta, è meglio darsi fare: l’uomo non è più solo nelle corse mattutine per il caffè. Abbiamo concorrenti!